L’ACCUSA CHIEDE QUATTRO CONDANNE ED UN’ASSOLUZIONE PER I PRESUNTI AUTORI DI UNA MAXI TRUFFA IN DANNO DELLA CONAD SICILIA DI MODICA

Per il pubblico ministero, Veronica Di Grandi, quattro dei cinque imputati sono colpevoli e ne chiede la condanna. Il giudice monocratico del Tribunale di Modica, Giovanna Scibilia, in camera di consiglio, anziché emettere sentenza decide per un nuovo provvedimento che riguarda l’acquisizione dei certificati penali degli imputati, rinviando a breve le conclusioni. Il processo riguarda la maxi truffa alla Conad Sicilia di Modica. Il piemme aveva chiesto la condanna ad un anno e sei mesi di reclusione e 600 euro di multa, per Renato Fiacchi, 59 anni, romano, Daniele Zago, 40 anni, ragusano e Carmelo Chetti, 40 anni, di Gela, un anno e 7 mesi e 800 euro di multa, per Filippo Fardelli, 57 anni, romano. Chiesta, invece, l’assoluzione per non avere commesso il fatto per Mirella Quattrocchi, 38 anni, anche lei di Gela, difesa dall’avvocato Raffaele Rossino. La polizia li arrestò nel 2003 nei pressi del Viadotto sull’Irminio dove era stato fissato l’appuntamento per la trattativa che doveva consentire al gruppo di associarsi alla Conad. Secondo l’accusa, i cinque, in concorso e con artifizi vari, avrebbero architettato la truffa con l’intento di ottenere un contratto per l’ammontare di trecentomila euro producendo come garanzia delle fideiussioni stipulate con la Sofico di Roma che poi risultarono false. In questo senso avrebbero anche prodotto una falsa procura speciale in favore di Fardelli(per questi la richiesta di condanna è più alta perché risponde anche di falso) inducendo il vice presidente della Conad in errore per trarne un ingiusto profitto ed un danno rilevante per l’azienda alimentare modicana. Oltre all’accusa di truffa è oltremodo contestato agli imputati di avere realizzato una falsa scrittura privata redatta da un notaio di Roma in favore di Fardelli e di avere stipulato false fidejussioni. Fardelli avrebbe falsificato la firma ed il sigillo del notaio romano su procura falsa di Mariangelo Carlo, amministratore della Sofiso. La Conad non abboccò nel trabocchetto allorquando un notaio del luogo, che conosceva il collega romano, si rese conto che il numero posto sul timbro del suo collega romano, che conosceva, non era vero. Il consiglio di amministrazione con il testa il vice presidente Salvatore Caruso(il presidente Giovanni Calabrese era fuori sede)volle approfondire la questione anche perché era emerso che il Chetti era titolare di un paio di supermercati a Gela che aveva chiuso per fallimento.

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