L’OSSERVAZIONE DAL BASSO …DI DIRETTORE. La Giornata della Memoria e le testimonianze del poeta ebreo Yitzhack Katzenelson e di Etty Hillesum: Dio, dov’eri in quel momento?

giornata della memoria

Di fronte alla giornata della memoria che si celebra ogni anno il 27 gennaio per ricordare l’olocausto degli ebrei, c’è una domanda che s’alza spesso come ritornello dal cuore di ogni uomo: Dov’era Dio quando si consumava la più efferata pagina della storia dell’umanità?

E’ una domanda forte che appartiene a tutti: credenti, agnostici, atei. Spesso si è portati a pensare che qualcuno, il teologo o il filosofo ad esempio, abbia la risposta in tasca, ma così non è. Un giorno venne chiesto a Kierkegaard chi fosse un professore di teologia: un professore di teologia – rispose – è tale perché un altro è morto per lui. La teologia, dunque, è “crocifissa”, la teologia dice tacendo e tace parlando, è abitata – come sostiene Bruno Forte – dal paradosso, non è conoscenza luminosa ma resta una “cognitio vespertina”, si muove nella penombra della sera, essa accende un desiderio della luce.
Il fatto che tutti noi proviamo disagio di fronte alla domanda: “Dov’era Dio?” e che non troviamo qualcuno che ci dia risposte esaurienti, è un qualcosa di normale, perché – come diceva San Tommaso – il vero maestro non è colui il quale riesce a dare le risposte a tutte le domande con discettazioni forbite, ma chi sa accedere nel cuore e nella mente del proprio interlocutore il bisogno della ricerca, per poi lasciarlo nella sua autonomia di azione e di pensiero per trovare la risposta. E così, dunque, l’uomo, il credente, il non credente, la teologia, la filosofia non possono avere la pretesa di circoscrivere in un frammento di pensiero l’Altro, l’Assoluto, l’Inconoscibile, il Mistero, ma devono lasciarsi abitare anche dal silenzio, devono camminare in punta di piedi sulla soglia del silenzio.
Tuttavia non mancano testimonianze di persone che di fronte al dramma dell’olocausto non sono rimaste in silenzio e hanno lasciato tracce del loro pensiero. Mi riferisco al caso del poeta ebreo, Yitzhack Katzenelson, che nel suo testo poetico “Ai cieli” apre strade di ricerca e riflessioni interessanti “… Cieli, ditemi perché, perché!… O cieli vuoti e abbandonati, cieli senza vita come un vasto deserto, io ho perso in voi il mio unico Dio… No, non c’è Dio in voi, cieli!…”. Il poeta non considera i cieli luoghi della presenza divina, ma mendaci e ingannatori e si ribella con violenza “… Ma voi cieli, voi dall’alto avete visto tutto e non siete crollati dalla vergogna!… Basta, non voglio più guardarvi, non voglio più vedervi… Così svanisce la mia speranza, così sfuma il mio sogno!”
Se nel caso di questo poeta ebreo troviamo un grido di dolore con un j’accuse a Dio, nonché il lamento per l’assenza di un Dio chiamato perfino a vergognarsi del suo immobilismo, in un altro caso, come quello Etty Hillesum, troviamo che la crudeltà e l’efferatezza dell’esperienza del lager fanno maturare, al contrario, una forte sensibilità religiosa. Etty Hillesum, infatti, nel suo “Diario 1941-1943”, annota queste parole: “Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi… Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò di non appesantire l’oggi con i pesi delle mie preoccupazioni per il domani… Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me… Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi… è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini”.
Queste due testimonianze contengono sentimenti e messaggi opposti avvolti nel mistero, e ciò spiega il perché di fronte al dramma della shoah bisogna abituarsi a maturare un atteggiamento di ricerca riflessiva, a lasciarsi penetrare dal silenzio e a camminare sulla soglia di esso con la consapevolezza che non è la risposta quella che è importante, ma il comprendere che c’è stato un modo di essere presente di Dio in quella tragica vicenda e tale modo va collocato nella dimensione del mistero. C’è quasi una misteriosa “presenza-assenza di Dio” che dice all’uomo di ogni tempo che Dio non è afferrabile, manipolabile, circoscrivibile in schematismi prefissati e che il suo modo di operare nella storia non è mai definibile così come la ragione umana vorrebbe.

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