Piero Torchi: “Salvate il Modica Calcio. Salverete un pezzo della memoria di questa città”.

piero torchiNon so di chi è la colpa, e fra l’altro mi interessa poco e niente, anche perché qualsiasi opinione in merito correrebbe il rischio di essere strumentalizzata a favore o contro le parti oggi contrapposte in un odioso rimpallo di responsabilità che, al netto degli interessi di ciascuno, non fa onore a nessuno. L’unica cosa che so con certezza è che, di questo passo, la fine del Modica Calcio si avvicina a grandi passi, e con essa un pezzo, importante, della storia, anche recente di questa città, della sua capacità di essere oltre che luogo geografico anche comunità, di rappresentare, ancora, un riferimento, almeno per il comprensorio.

Con il Modica Calcio rischia di morire anche una storia gloriosa, durata 70 anni, che ha attraversato la vita di molti di noi, rendendo il calcio e lo sport in genere, molto prima di Sky, un momento di aggregazione insostituibile. E,diciamolo pure, anche l’occasione per trascorrere, quando ancora la tv non offriva alternative e l’unica eccitazione domenicale era data dal secondo tempo di una partita di Serie A trasmessa in Rai alle 19 e dopo 90° minuto, una domenica vibrante ed all’aria aperta.

Erano quelle domeniche nelle quali, magari infreddoliti, coperti fino agli occhi, magari scomodi nei gradoni del “Vincenzo Barone”, o addirittura eroici nelle trasferte nella “lontana” Scicli, stretti nelle mani dei nostri genitori per non smarrirci, dividevamo equamente la nostra attenzione tra ciò che accadeva sul campo di gioco e l’arrivo del “semenzaro” o l’apertura del chioschetto dove l’appuntamento irrinunciabile, mentre i giocatori sorbivano il meritato tè dell’intervallo, era con un fragrante cannolo o un soffice macallè rigidamente “made in Scivoletto”.

Poi arrivò la Caitina, l’idea, finalmente di avere uno stadio quasi da “città”, e con esso la gloria del calcio professionistico a distanza di oltre 20 anni dalla prima apparizione nel calcio che contava; i successi, la gloria e la gioia delle ripetute promozioni, vissute in ruoli che mi hanno reso orgoglioso di rappresentare la città, ma anche le retrocessioni e l’immediata capacità di rialzarsi con dignità e con determinazione. Tutte doti che la città ha sempre orgogliosamente ostentato e che hanno permesso di fare di Modica ciò che è oggi.

Modica la città della passione sfegatata per i rossoblù, ma anche la città dei grandi ed indimenticati presidenti; come dimenticare, solo per fare alcuni nomi, il dottore Rizza, l’epopea di Biscari e Catania, la prima promozione in C/2 con Macauda alla guida della società, fino ad arrivare ai recenti successi targati Antonio Aurnia, l’indimenticato ed indimenticabile “patron” della cavalcata trionfale verso la notorietà nazionale Ma un ringraziamento questa città lo deve anche a ciascuno dei presidenti che si sono alternati; non importa se hanno vinto o se hanno perso, se hanno speso 10 o 1000; ciascuno di loro ha scritto una pagina fondamentale del libro del Modica Calcio.

Un ricordo particolare, ma anche un particolare inedito, lo voglio regalare per onorare l’epopea di Aurnia. Quando per un attimo, consapevole del peso di un campionato nazionale come quello della C\2 di allora nel quale ci confrontavamo con squadre di città 10 volte più grandi di Modica, il Presidente pensò di cedere il titolo, durante una riunione serrata in un noto hotel cittadino, alla presenza delle istituzioni della città e degli allora componenti il cda della società, lo stesso Aurnia ci rivelò dell’offerta avanzata dall’allora presidente del Siracusa per acquistare il titolo in favore della squadra aretusea. Bastò uno sguardo ed una stretta di mano per annunciare a tutti che ci saremmo dimessi entrambi dai rispettivi ruoli se l’assemblea dei soci avesse accettato l’offerta. Non ci fu bisogno di altre parole per ottenere il consenso dei soci, tra i quali i maggiori imprenditori della città, ad andare avanti. Vi confesso in poche occasioni mi sono sentito più orgoglioso di essere modicano; quasi come se avessimo respinto l’invasione di un nemico straniero e la città avesse potuto coronare il suo sogno.

Per non parlare degli allenatori e dei calciatori che si sono succeduti a Modica, e di quelli che con le maglie avversarie hanno solcato il polveroso Vincenzo Barone e poi il manto erboso (ma dov’è finito?) della Caitina. Un nome su tutti, quel Luciano Favero arrivato a Modica con la maglia del Siracusa e che poi, da li a qualche anno, avrebbe anche vinto la Coppa dei Campioni con la maglia della Juventus.

Eppure,più di ogni altri, la scomparsa del Modica Calcio colpirebbe la vera anima e ragione d’essere di questa squadra:i tifosi. Senza di loro non ci sarebbe il Modica e neppure staremmo qui a parlarne. I tifosi storici, quelli che anno seguito il Modica per anni, praticamente da sempre, nelle vittorie e nelle confitte, in serie C ma anche in prima categoria, ma soprattutto, non ce ne vogliano gli altri, quei pochi coraggiosi che ancora oggi, a loro spese, incuranti delle intemperie e del livello tutt’altro esaltante del gioco, preferiscono trascorrere le loro domeniche inneggiando ai colori della propria squadra e della propria città, piuttosto che stare comodamente seduti al calduccio davanti alla tv.

Mi basta chiudere gli occhi per vedere ancora Don Pietro Scollo venirmi vicino in Comune e sussurrarmi “Arà Pierucciu, o Muorica nunno putiemu scuddari. Ramaccilla na manu a Antoniu, u figghiu” e poi subito dopo sussurrare a Mommo Carpentieri “Mummuzzu riciaccillu macari tu a Pieru. Fozza tutti rui, e viriemu cama fari…”. Quanta passione in quelle parole, quanta tenerezza e quanto amore.

Perdere adesso questa storia significherebbe perdere un pezzo di città, ma anche disonorare la memoria di chi a questa passione, a questo sogno, a questi colori ha dedicato la vita intera. La memoria non si alimenta solo con le cerimonie, ma ha bisogno di atti concreti. Chi ne ha il potere intervenga e subito. Chi non ha voglia o tempo si faccia da parte, qualunque sia il suo ruolo e il suo incarico.

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