Italiani, popolo di ignoranti…a cura di Rita Faletti

di pietro 1“L’italiano è il popolo più analfabeta e la borghesia italiana è la più ignorante d’Europa” Orson Welles, anno 1962. Un giudizio tanto inclemente da lasciare tramortiti. Ma non gratuito se confrontato con quello che oggi, a quaranta e passa anni di distanza, potrebbe esprimere chi osservasse la società italiana nel suo insieme, valutandone il livello culturale. Di analfabetismo in senso stretto non si può parlare: leggere e scrivere sono abilità linguistiche che tutti possiedono, ma pochi con una competenza che consenta di affrontare tematiche e concetti che vanno al di là della sfera delle semplici azioni quotidiane. Una prova? Il servizio intitolato “La Chiocciola” trasmesso durante “Ballaro'”, il programma televisivo condotto da Giovanni Floris il martedì sulla 3. Un giornalista rivolge a ragazzi e ragazze di varia provenienza geografica, la domanda “Come ti immagini in futuro?” Risposta: “Ricco, una bellissima fidanzata, auto di lusso”, in alternativa: “Con tanti soldi, bellissime donne, una gran casa”. Mai nessuno che dica: “In Australia ad addomesticare canguri”. Meglio sarebbe cambiare canale per non provare disagio e un vago senso di colpa che questo spaccato dell’universo giovanile provoca. Eppure questi giovani non sono meno intelligenti dei loro genitori o dei loro nonni e bisnonni. La loro colpa è di confondere realtà e finzione e non essere in grado di assumere una posizione critica. Forse nessuno glielo ha insegnato? Se spostiamo l’osservazione alla società civile, il panorama non è tanto differente. Il “che c’azzecca” di Antonio Di Pietro è emblematico, come la figura da cioccolatino di Paola Taverna, capogruppo al Senato dei pentastellati, colta impreparata sull’articolo 21 della Costituzione; e chissà quanti altri articoli non conosce della Carta Costituzionale lei che la cita e la difende a spada tratta. A ignoranza si aggiunge impudenza. E Razzi? Il povero Razzi che deve la sua popolarità ad un atto di tradimento, ma più ancora alla sua ignoranza, di cui è’ diventato il simbolo.
“Papa’, dov’è l’Africa?” “Chiedilo alla mamma, è lei che nasconde sempre tutto”. Il barzellettista ci ha involontariamente fornito un esempio del dramma che affligge intere generazioni di adulti e giovani in Italia. Purtroppo è vero, il livello di istruzione è basso, anche se non in tutta la Penisola, e i portatori di ignoranza, ignari o indifferenti alle loro carenze, non perdono l’occasione di sparare chiacchiere a volontà, senza che intervenga alcuna forma di censura a fermarli. In questo quadro, la scuola che responsabilità ha? Moltissime. La prima è la rinuncia alla selezione che ha determinato il livellamento verso il basso a scapito degli studenti migliori, rendendo impossibile la meritocrazia. La selezione è fondamentale non solo nelle scuole europee, e non serve a discriminare ma a far emergere talenti e capacità. Da noi il termine “selezione” è sempre stato volutamente frainteso e invece ci avrebbe salvato, in un mondo in cui, se sai e vali, un posto lo trovi. Un dato allarmante rivela che gli studenti italiani, oltre che essere deboli in matematica e inglese, se si iscrivono all’università, in pochissimi conseguono la laurea nei tempi prestabiliti , a meno che non abbiano frequentato facoltà come “Scienze della Comunicazione”. Quali le cause? Una, e non trascurabile, è la separazione tra scuola e mondo reale, ciò che si insegna e ciò che serve per essere all’altezza delle sfide del mercato del lavoro. Di questo scollamento è spia il linguaggio dei verbali dei consigli scolastici, delle programmazioni di istituto, delle circolari ministeriali. Un linguaggio nebuloso da scartoffie burocratiche che non corrisponde alle cose vere. E poi gli insegnanti. Sottopagati (qualcuno meriterebbe compensi ben maggiori), sottostimati (qualcuno a ragione ), diversi svogliati e poco coinvolgenti, noiosi e rassegnati, in attesa del magro stipendio. Perché non sottoporre alla selezione anche loro? Per quale motivo chi non è idoneo non può essere sostituito? In Gran Bretagna se non funzioni ti invitano cortesemente a dimetterti, in Germania il livello di preparazione dei docenti è molto alto. Forse è anche grazie a questo che i giovani tedeschi affrontano la crisi più attrezzati dei giovani nel nostro paese. Da noi la Carrozza ritiene che i problemi dell’istruzione si devono risolvere con nuove assunzioni, scambiando la quantità per la qualità. E l’università? Peggio che andar di notte. Tra concorsi truccati, Parentopoli e altri scandali, chi trae vantaggio da questa istituzione sono i baroni e i loro portaborse. Ma non preoccupatevi, ” in qualche modo faremo”. Già, in qualche modo. Brutta espressione ma largamente abusata che però comunica con grande efficacia il messaggio di pressappochismo, qualunquismo e vigliaccheria di chi non si assume responsabilità e vivacchia. Se non fosse per la tenacia e l’impegno di adulti e giovani di buona volontà che tengono duro e credono in quello che fanno, saremmo già un paese fallito.

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