“Sono stato io. L’ho colpito con una sbarra”. Confessa il 17enne indagato per l’omicidio dell’ispettore Raciti

CATANIA – Ha confessato ai magistrati del tribunale per i minorenni di Catania il diciassettenne indagato per l’omicidio dell’ispettore capo Filippo Raciti, ucciso venerdì scorso durante il derby Catania-Palermo. "Ho partecipato a uno scontro contro la polizia" e "ho colpito un agente con una sbarra di ferro spingendolo a mo’ di ariete": sono queste le ammissioni del ragazzo. Lo si apprende da fonti investigative qualificate. La notizia della confessione è stata accolta con scene di entusiasmo dagli uomini della questura di Catania. Il ragazzo era indagato per omicidio volontario in concorso. "Sono innocente non sono stato io", aveva detto durante l’interrogatorio nella Tribunale per i minorenni di Catania. Erano presenti anche i genitori. "Mamma, ti giuro, non sono stato io…", aveva gridato il diciassettenne correndo verso la madre, abbracciandola e piangendo. Il giovane, che era seduto, dopo la contestazione che gli era stata mossa dal sostituto procuratore del Tribunale per i minorenni Angelo Busacca, si era alzato di scatto, era corso verso i suoi genitori e li aveva abbracciati negando, tra le lacrime, di essere stato lui a uccidere il poliziotto. La madre lo ha stretto forte a sé, piangendo con lui. Durante l’interrogatorio l’indagato ha negato per decine di volte di essere l’autore del delitto. "Non c’entra completamente, stanno facendo una cosa sbagliata: non è lui", avevano affermato i genitori. La famiglia del ragazzo abita nel rione San Cristoforo di Catania: lui è operaio di un’azienda nella zona industriale della città, lei gestisce una bancarella per la rivendita di fiori davanti al cimitero. Il figlio gioca a rugby, frequenta il quarto anno di una scuola superiore, ed è particolarmente robusto, visto che pesa circa cento chilogrammi. E ci sarebbero altre 5-6 persone attorno al 17enne mentre colpisce Raciti mortalmente con un oggetto metallico. Sarebbe questo il contenuto dell’immagine di uno dei fotogrammi in possesso degli investigatori, che adesso stanno cercando di identificare le persone che erano accanto al ragazzo. Attualmente sono tutte persone ignote e il reato ipotizzato per loro sarebbe identico a quello contestato al minorenne: concorso in omicidio volontario. Il diciassettenne è stato fermato dalla polizia due giorni fa per le violenze avvenute fuori dallo stadio Massimino. Ad accusarlo anche intercettazioni ambientali: il minorenne con un amico ammetterebbe di avere colpito l’agente: "Sì, sono stato io…", direbbe abbassando il capo in segno di conferma. Le indagini sono basate anche su immagini e foto riprese durante la guerriglia. In alcune di queste si vedrebbe il minorenne che, per evitare di essere identificato in base all’abbigliamento, scambierebbe la propria felpa con quella di un amico, indossandola poi al rovescio. Gli investigatori avrebbero anche accertato che l’ispettore sarebbe stato colpito da un oggetto metallico, che probabilmente sarebbe stato divelto all’interno dello stadio Angelo Massimino. Il ragazzo era stato indagato per rissa ma prosciolto negli anni scorsi: aveva reagito picchiandolo alle avance fisiche di un giovane alla sua fidanzata. L’indagine fu successivamente archiviata.

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