Modica: Sentenza al processo nei confronti del consigliere comunale Nino Gerratana

Il giudice monocratico del Tribunale di Modica, Giovanna Scibilia, ha condannato l’attuale consigliere comunale del Mpa, Nino Gerratana, per millantato credito, ad un anno e 4 mesi di reclusione e 800 euro di multa, pena sospesa. Lo ha, invece, assolto dall’accusa più pesante di estorsione con la formula “il fatto non sussiste”. Il pubblico ministero, Maria Mocciaro, aveva chiesto la condanna a quattro anni di reclusione e milleduecento euro di multa. Poco più di un’ora di camera di consiglio è servita al magistrato per delibera, un po’ meno dell’arringa dell’avvocato Carmelo Scarso che difendeva l’imputato insieme al collega Carmelo Ruta. Si chiude, così, una vicenda ingarbugliata che i difensori hanno cercato in tutti i modi di smontare, ed in buona parte ci sono riusciti come quando, subito dopo l’arresto operato dalla polizia ed avvenuto all’alba del 21 giugno 2003, si erano rivolti al Tribunale del Riesame di Catania che dopo 12 giorni aveva deciso di scarcerare nella maniera assoluta l’uomo politico. La concessione della pena sospesa implica la non applicazione dell’indulto. Gerratana, nella fase preliminare era stato prosciolto dall’accusa di usura. Lunghissima la sfilza di testi, tra amministratori, consiglieri e dipendenti del Comune di Modica, funzionaria della Provincia Regionale di Ragusa e di alcuni istituti scolastici, l’ultima dei quali fosse la moglie di Angelo S’avarino, la parte offesa. La donna aveva ammesso di essere stata, in passato, amministratore unico dell’impresa di pulizie “Il Delfino”, gestita dal marito, colui che denunciò, per l’appunto, l’imputato. La teste aveva confermato quando in precedenza detto da Gerratana, e cioè che si recava poco o nulla presso la sede della società e che si sarebbe limitata solo a firmare dei documenti che le erano sottoposti dal consulente Silvio Iabichella. La teste aveva parlato di un assegno da due milioni di vecchie lire che il marito avrebbe consegnato ad una persona della quale non aveva saputo fornire l’esatta identità e, dunque, non disse nemmeno se si trattasse di Gerratana. Quest’ultimo, dal canto suo, ha sempre negato ogni addebito. “Con Savarino – aveva detto – ci conoscevamo da piccoli e le nostre famiglie si frequentavano. Qualche anno fa mi feci intermediario per risanare i rapporti tra il mio accusatore e la sua famiglia. Più tardi lo stesso mi chiese di aiutarlo per rilanciare la sua società che si trovava in difficoltà. Allora lavoravo come staggista alla Provincia Regionale di Ragusa”. Gerratana avrebbe predisposto un piano di marketing e s’interessò per fare partecipare “Il Delfino” ad alcune gare d’appalto presso enti pubblici e privati. “Avevamo stabilito – si era difeso l’imputato – che mi avrebbe erogato una sorta di stipendio mensile. Lo accompagnai spesso presso alcuni enti per visionare bandi di gara. Da luglio a dicembre del 2000 mi pagò, saltuariamente, con degli assegni, uno dei quali, di tre milioni di lire, non andò a buon fine. Pagai con i miei soldi il lavoro di volantinaggio predisposto ed effettuato perché Savarino non era nelle possibilità. Quei soldi e nemmeno i tre milioni mi furono restituiti”. La parte civile era rappresentata dall’avvocato Bartolo Iacono. I difensori di Nino Gerratana hanno annunciato ricorso in appello.

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