OTTAVIANO FILOSOFO SCOMODO

“PERDONA ma non dimenticare”. Nella breve frase, incornìciata tra due lastre di vetro e tenuta sempre bene in evidenza nel suo studio, il filosofo Carmelo Ottaviano racchiuse tutta l’amarezza nei confronti di un mondo accademico dal quale per anni subì l’ostracismo. Probabilmente perdonò ma, certo, non dimenticò mai e questa amarezza lo portò, negli ultimi anni di vita, a distruggere in un grande falò, tutte le carte, gli scritti inediti, le lettere di oltre quaranta anni di corrispondenza con filosofi e intellettuali italiani e stranieri.
Ai torti subiti ed all’oblio che ne è derivato, Modica, la sua città natale, sta cercando di porre rimedio con una serie di iniziative nel centenario della nascita allo scopo di ricordarne la figura di filosofo scomodo e non allineato.
Nato nel 1906 «nell’angolo più meridionale della Sicilia, a pochi chilometri dalla greca Siracusa, in quella zona che Platone amò e dove far filosofia è altrettanto naturale che respirare», come egli stesso scrisse nel “Manuale di storia della filosofia”, a ventiquattro anni era già professore, dopo aver vinto, primo in tutta Italia, il concorso
per la cattedra. E alla filosofìa dedicò l’intera vita, sia con l’in-segnamento nelle scuole e nelle Università, sia con la produzione di opere e la fondazione e direzione, per oltre un quarantennio, della rivista internazionale di filosofia “Sophia”.
Si autodefiniva filosofo della quarta età della filosofia, collocandosi in quell’era che viene dopo il pensiero antico, medievale e moderno. Esperto medievalista, concentrò la sua attenzione sulla metafisica ed il suo pensiero è riportato organicamente nelle duemila pagine de “La Metafisica del concreto”, poi sintetizzato nel volume intitolato “La tragicità del reale, ovvero la malinconia delle cose”.
«Per chi vuole oggi avere una mappa delle evoluzioni della metafisica cristianamente orientata del Novecento filosofico italiano — spiega Alessandro Ghisalberti, direttore del dipartimento di filosofia dell’Università Cattolica di Milano — certamente Ottaviano rappresenta una spia di interesse sicuro. La sua apologetica può illuminare oggi un cammino di chi cerca a livello metafisico delle risposte, senza imporre le proprie convinzioni agli altri, rispettando anzi il pluralismo, ma uscendo dall’inquietante situazione in cui ci si senta, per così dire, obbligati a non porsi le domande radicali sul senso dell’uomo e del mondo». «La corrente cristiana novecentesca nota come “Neoscolastica” — continua Ghisalberti — ha avuto esponenti di primo piano qui alla Cattolica dove Ottaviano si è laureato e ha iniziato la sua attività di ricerca e le prime pubblicazioni. Rispetto alla linea che poi ha prevalso nella scuola neoscolastica milanese, Ottaviano aveva delle riserve critiche: questo il motivo del suo rapido allontanarsi da Milano. Io studio la metafisica di Ottaviano, per vedere le posizioni originali da lui perseguite e le riserve critiche nei confronti degli altri cattolici neoscolastici. La sua critica maggiore e radicale negli anni giovanili fu verso l’idealismo di Croce e Gentile, personalità influenti in quei decenni, che ne decretarono l’emarginazione. Il risvolto politico dell’epurazione del 1944 non è ancora stato chiarito; si esamineranno i documenti, per vedere come andarono realmente le cose. Certamente Ottaviano era una personalità forte, e poco disposta al compromesso. Anche nel lungo magistero catanese mantenne un quasi totale riserbo nei confronti dell’accademia paludata, e preferì un lavoro solido, silenzioso e verificato solo con una cerchia selezionata di pensatori».
Degli effetti dell’isolamento decretato dagli idealisti ed anti cattolici imperanti all’epoca, parla anche, in un commosso ricordo, Domenico D’Orsi, che gli fu accanto per quaranta anni, condividendone anche la cattedra di Storia della filosofia a Catania: «Dopo che Ottaviano vinse con un concorso, tra il 42 ed il 43, una cattedra a Napoli, fu eletto, quale rettore, un alunno di Croce, Omodeo, che accusò Ottaviano di essere lì per diffondere le idee fasciste. Il risultato fu l’annullamento del concorso e l’allontanamento di Ottaviano. Giovanni Gentile lo estromise dall’Accademia d’Italia e gli rese la vita difficile; del resto, in Italia non vi era cattedra universitaria che non fosse approvata da Gentile. Per tutta la vita Carmelo Ottaviano si portò dietro la fama di essere litigioso, ma era soltanto un battagliero, uno che non sopportava nessuna imposizione».
E le carte inedite, le poche sopravvissute al rogo, che testimoniano la sua sofferenza per la persecuzione della quale fu oggetto, saranno, entro l’anno, pubblicate a cura di Domenico D’Orsi e di Francesco Rando, direttore della Scuola di filosofia e scienze umane intitolata ad Ottaviano, che auspica se non un “risarcimento” intellettuale e morale, almeno un ricordo ” sine ira et studio “.ANTONELLA SCANDONE

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