“Possiamo disimparare la violenza e scegliere la tenerezza”. Messaggio dalla “Giovanni XXIII” di Modica

Nemmeno con un fiore 1

Asha, Amina, Lucia, Titti, Themina, Carmen. Sono queste le donne protagoniste dello spettacolo tenutosi oggi, 25 novembre, in due diversi turni presso il Teatro Antoniano per le classi III della Scuola secondaria di I grado Giovanni XXIII di Modica.

Queste donne, vittime di violenza ad opera di padri, mariti o compagni, hanno raccontato la loro storia tramite la voce e il corpo di Graziana Giurdanella, Fatima Palazzolo, Antonella Palazzolo, Alessandra Pitino, Gisa Sammito della Compagnia del Piccolo Teatro di Modica. Nello spettacolo anche Marcello Sarta e Daniele Cannata e il giornalista Tino Iozzia, quale voce narrante. L’Istituto secondario di I grado Giovanni XXIII ha fortemente voluto organizzare questa attività, per far riflettere i propri alunni delle classi III sul tema spinoso e attualissimo della violenza subita dalle donne. Le storie messe in scena sono tutte vere, sono pezzi di vita prestate al teatro. La Giornata del 25 è stata per gli alunni il momento conclusivo di un percorso più ampio svolto all’interno delle classi, durante il quale gli alunni hanno analizzato il fenomeno, appreso le giuste nomenclature, riflettuto sulle varie forme che la violenza può assumere, acquisito gli strumenti per riconoscerla. Le storie di violenze sulle donne, che la cronaca ci restituisce, spingono a riflettere su un vuoto valoriale e culturale circa il rispetto delle differenze, in questo caso di genere, che va colmato. Al termine dello spettacolo Suor Rachele, suora missionaria e membro della Comunità intergregazionale, trasferita da qualche mese a Modica ha parlato ai ragazzi e alle ragazze, partendo dalla sua esperienza in Argentina, in Italia e soprattutto nelle carceri del Kenya, dove ha incontrato tanti adolescenti feriti dalla violenza che, se il circolo vizioso non fosse stato spezzato, sarebbero potuti diventare possibili uomini violenti. Suor Rachele ha indotto gli alunni a riflettere su quanto la violenza possa inaridire e intaccare il cuore nell’eloquio, negli atteggiamenti e nelle relazioni; li ha esortati a sognare, a immaginare un cambiamento nella società in cui viviamo che ci spinge ad essere freddi e duri partendo dal cambiare il proprio cuore; li ha invitati a imparare la tenerezza, come contraltare della violenza e a “disimparare” gesti, parole e atteggiamenti violenti che prima di tutto creano ferite in chi le mette in atto e conseguentemente nelle vittime. Gli adolescenti di oggi sono uomini e donne di domani e la scuola, la famiglia e le altre agenzie educative hanno un’enorme responsabilità anche curando questa sfera della loro crescita.

Fatima Palazzolo

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