Lettera al capo della polizia Gabrielli. Riceviamo e pubblichiamo

Franco Gabrielli in una immagine del 19 novembre 2015. 
ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Dott.Gabrielli, innanzitutto mi scuso se non mi rivolgo a Lei quale “Eccellenza”. Si è che la Sua nomina a Capo della P.S., dopo avere svolto l’incarico di Capo della Protezione Civile, non me lo accredita quale eccellenza in competenza di funzioni.
Scusi la franchezza, ma è meglio che sappia come la pensano i cittadini come me e con me, mi creda, tanti altri. Infatti, nessuno di questi cittadini riesce a trovare un solo motivo di compatibilità fra le due funzioni da Lei svolte,

Capo della Protezione Civile prima e della P.S. poi, diverse fra di loro in termini di preparazione, di competenze e di capacità ideative ed operative. A meno che Lei abbia la dote, comune ai giornalisti moderni ma sconosciuta finanche ai grandissimi uomini che hanno fatto e scritto la Storia, della tuttologia. Il che è da dimostrare.
Intanto, quale Capo della P.S., Lei ha dato dimostrazione, stando alle notizie delle principali oche starnazzanti mass mediali di regime, da Lei non smentite, di inaspettato deficit di senso istituzionale. Questo, che dovrebbe essere l’unico punto di convergenza tra i due alti incarichi da Lei ricoperti, è stato vulnerato dalla Sua presa di posizione contro Suoi uomini chiamati a svolgere compiti d’istituto.
Intendiamoci: non sono partigiano (non ne sarei capace per cultura) di alcuno degli schieramenti pro o contro l’intervento della Polizia di Stato (per ordine di chi?) a Piazza Indipendenza a Roma, per cui non entro nel merito. Mi fermo solo ai comportamenti istituzionali.
Veda, la Sua presa di posizione, equivoca nella forma e nella sostanza, di fatto ha messo all’indice un funzionario, Uomo della Istituzione da Lei presieduta e diretta, sulla scorta di un resoconto giornalistico confuso e ampiamente strumentalizzato, dal tenore tipico del linciaggio personale degno dei peggiori tempi del Far West.
Il suo primo dovere, non dovrei essere io a ricordaglielo, è quello di difendere la Istituzione della P.S. e quindi gli Uomini della P.S., fermo restando che a seguito di indagini, dapprima interne, specifiche, approfondite e non sommarie (come quelle dei giornalisti di cronaca), ne emergano responsabilità, le quali se del caso andranno punite secondo la legge e il Regolamento.
Di conseguenza la intempestività della Sua presa di posizione, per cui sarebbe da considerare grave il comportamento del Suo funzionario, è da ricondurre, a mio parere, ad un senso istituzionale, se non proprio assente, molto debole. Tale debolezza si trasmette anche, a riprova del mio assunto, nell’immagine che oggi ha la Sua Istituzione, vista dai cittadini come inadeguata e non protetta.
Infine, last but not least, Lei non ha l’età per ricordare in diretta un fatto emblematico da tenere in conto per sapere difendere i Suoi uomini.
Parlo del Commissario di PS Luigi Calabresi, assassinato nel 1972 (Lei aveva appena 13 anni). Egli venne ritenuto dalla sinistra politica, dagli intellettuali di sinistra (oggi radical chic) e dalla stampa di sinistra, allora molto influente come oggi tutta la stampa tout court, responsabile della morte dell’anarchico Pinelli, creando e alimentando attorno al funzionario un clima di odio.
In tale contesto politico-sociale maturò l’assassinio del Commissario di P.S. Calabresi: proprio come il clima d’oggi attorno agli Uomini della P.S., grazie all’accreditamento di resocontisti giornalistici, che sembrano condizionare oltre misura, con avventate prese di posizione e sommari giudizi, la Sua Istituzione.
Dott. Gabrielli,
i Suoi uomini trovano la massima protezione nell’alto senso istituzionale della Pubblica Sicurezza, che dovrebbero nutrire tutti cittadini ed a maggior ragione dovrebbe nutrire il suo Capo.
Avv. Carmelo Scarso

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