Presidenziali francesi: cosa cambierà in Francia e in Europa?….di Rita Faletti

Dibattito_Francia-3-680x321

A guardare le cose troppo da vicino, con occhi puntati su particolari e dettagli, si rischia di perdere la visione d’insieme e farsi un’idea distorta e lontana dalla realtà. Questo vale sempre, tanto più oggi, quando le urne si chiuderanno per darci l’esito del voto in una parte di Europa percorsa da paure di varia natura, immigrazione, terrorismo, disoccupazione e povertà, per diversi uno spettro incombente. Paure e apprensione giustificate dal fallimento degli obiettivi auspicati, a parte la moneta unica, messa però in discussione perché inadatta ad esprimere il valore reale delle varie economie.

Così a queste elezioni francesi che vedono i quattro candidati principali in un testa a testa, Macron, Le Pen, Fillon, Melenchon, si guarda con interesse, cercando di prevederne l’esito per poi interpretarne il significato e fare pronostici sulle conseguenze nel resto d’Europa. La solita prassi, utile solo a far parlare gli esperti di politica e tenere impegnati i giornalisti di tutto il globo. Cosa emerge finora? Che Macron, ex ministro dell’Economia del Governo Holland,  è il candidato più interessante perché non ha un partito alle spalle e il suo modo di comunicare segue lo stile americano, molto elaborato, molto scientifico. Forse significa che dietro la dialettica c’è poco e quel poco è variamente interpretabile? Fillon ha una storia di destra alle spalle, Melenchon è di sinistra. Di Marine Le Pen non serve aggiungere nulla al già detto da mesi. Interpreta il desiderio di una parte crescente della popolazione di fare basta con l’immigrazione e le tutele a favore degli immigrati. Una cosa va detta, lasciando stare i singoli programmi: la parola ricorrente di tutti è ” popolo”. Scompare invece la tradizionale diatriba tra destra e sinistra che è anche la conseguenza del progressivo livellamento delle società europee verso il basso per la quasi scomparsa delle classi medie con il diffondersi della crisi economica e la loro sostituzione con masse di semi precari. Il problema principale, secondo la percezione dei più, è rappresentato piuttosto dall’insicurezza, conseguente ai fatti di terrorismo. Ecco allora che Le Pen, con le sue promesse di lotta all’immigrazione e di difesa strenua dell’identità nazionale sfonda porte aperte. Eppure, nonostante il 50% di francesi ritenga di essere in guerra e il 51% consideri l’Islam incompatibile con i valori della società francese, dubito che, in caso di vittoria, nient’affatto certa, la Le Pen riuscirebbe a realizzare in toto il suo programma. Per motivi pratici: il 10% della popolazione è musulmana come registrato dopo l’impennata di immigrazione dai Paesi islamici nel 2015; in Francia si costruiscono più moschee e con più frequenza che chiese cattoliche, addirittura alcuni imam chiedono la conversione in moschee di chiese in disuso. C’è poi un fattore culturale: i francesi di fede socialista mai rinuncerebbero alle conquiste frutto del famoso motto rivoluzionario: liberte’, egalite’, fraternite’. Applicato purtroppo a senso unico come dimostrato dal sostegno incondizionato alla cosiddetta resistenza palestinese, che altro non è che terrorismo. Non dimentico gli scodinzolamenti intorno ad Arafat e la vergognosa condanna delle ritorsioni israeliane in risposta agli attentati sanguinari in Israele. Chi sostiene il terrorismo di terrorismo perisce. E la Francia ne sa qualcosa. Si ricorderanno gli elettori francesi e il vincitore? Le vicende degli altri Paesi insegneranno qualcosa a noi? Io sono pessimista.

Condividi su facebook
Facebook
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su whatsapp
WhatsApp
Condividi su email
Email
Condividi su print
Stampa