In carcere per una dose letale di eroina. Vittoria, tunisino nega davanti al Gip

tlili hassen

Interrogatorio di garanzia per Hassen Tlili, tunisino di 30 anni, senza fissa dimora, con precedenti specifici, accusato in concorso di avere ceduto dose di eroina letale poiché tagliata con destrometorfano, un potente farmaco antitosse che ne quintuplica gli effetti, ad un 37enne vittoriese, Davide Fontanella. il 4 marzo 2013. Il giovane extracomunitario, arrestato nei giorni scorsi dalla polizia, è comparso davanti al Gip di Ragusa, Claudio Maggioni, difeso dall’avvocato Piero Sabellini.

Ha detto al magistrato di non avere mai ceduto quella sostanza. Secondo la difesa, tutta l’accusa girerebbe attorno ad un telefonino intestato ad una terza persona ma utilizzato da Tlili. L’avvocato Sabellini, che nel frattempo ha presentato istanza di scarcerazione al Riesame di Catania, ha avanzato richiesta al Gip di scarcerazione o di un provvedimento meno afflittivo anche perché il 30enne è affetto da un problema degenerativo che è incompatibile con la restrizione in carcere. Il Gip si è riservato. Era stato fermato dalla polizia nei pressi di Piazza Manin e trovato ancora in possesso di marijuana, hashish, un coltello e la somma di 780 euro della quale non ha saputo giustificare la provenienza.
Gli altri due complici da tempo si sono resi irreperibili e sono ricercati sul territorio nazionale.

Dopo l’arresto del tunisino la madre di Fontanella ha scritto una lettera di ringraziamento. “Ringrazio di cuore la polizia e tutti gli inquirenti che hanno lavorato in maniera certosina per assicurare alla giustizia il presunto responsabile della morte di mio figlio. Se potessi, li abbraccerei uno per uno. Voglio  precisare però – dice la signora Pina anche a nome del marito Francesco – che mio figlio non era un assuntore, come è stato erroneamente divulgato dai media. Era un ragazzo come tanti. Purtroppo saltuariamente, quando era in preda ai suoi momenti, quegli stessi momenti particolari che colpiscono un po’ tutti, faceva uso di droghe. E proprio questa cattiva abitudine, seppure occasionale, è stata fatale per mio figlio, il cui organismo pulito e non assuefatto allo stupefacente ha reagito alla sostanza estranea in maniera imprevedibile. Mio figlio Davide non è più di questo mondo ma sento che in qualche modo vive ancora, non solo nei nostri cuori. Spero che il dramma che ci ha colpito – conclude   – possa essere da esempio affinché quanto accaduto non si ripeta e i giovani capiscano l’importanza della vita, che è una e una sola e non va rovinata con la droga, che può risultare letale anche se provata per un sola volta”.

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