Operazione “Pandora”. Coinvolto anche un ente che ha sede a Ragusa

imageC’e’ anche un ente che ha sede a Ragusa, presso la zona Asi, coinvolto nell’operazione “Pandora” che oggi ha portato in carcere dieci persone. Si tratta dell’ente di formazione Anfe di Catania. L’operazione, eseguita dalla Guardia di Finanza, riguarda un’organizzazione che sarebbe stata gestita “in famiglia”. Il classico “vaso di Pandora”, insomma, con la gestione Ecco come è stato scopmega affare della formazione professionale a Catania. Un minimo comune denominatore in cui a rivestire un ruolo fondamentale – secondo gli inquirenti – erano mogli e parenti di Giuseppe Saffo. Il noto imprenditore nel settore dei lidi balneari e presidente provinciale dell’A.N.F.E. (Associazione Nazionale Famiglie Emigranti) è il nome caldo finito al centro dell’inchiesta condotta dalla guardia di finanza di Catania. Una mega inchiesta, con numeri da capogiro: 52 persone denunciate, 4 enti coinvolti oltre ad alcune società, 115 progetti professionali finiti sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori oltre ad un sequestro preventivo di 3 milioni e settecentomila euro per una frode complessiva che ammonterebbe a quasi 9 milioni di euro. A finire in manette oltre a Saffo è stato il nipote Francesco Cavallaro che rivestiva il ruolo di direttore generale dell’I.R.A.P.S (Istituto Di Ricerche Ed Applicazioni Psicologiche E Sociologiche ) e dell’ A.N.F.E. Agli arresti domiciliari sono finiti Rosa Maria Trovato funzionario provinciale dell’ufficio del lavoro, Concetta Cavallaro, Manuela Nociforo ed Eleonora Viscuso a diverso titolo tesoriere di alcuni enti coinvolti oltre a Giuseppe Bartolotta e Biagio La Fata.

Gli altri enti al centro dell’indagine sono invece l’I.S.S.V.I.R. (Istruzione, Servizi, Sport, Volontariato italiano e regionale) e l’A.N.F.E.S. (Associazione Nuova Famiglie Emigranti Siciliani). Le accuse a vario titolo sono quelle di associazione a delinquere, peculato, truffa aggravata in relazione alle erogazioni delle sovvenzioni da parte della Regione, corruzione, frode fiscale e falso.

L’operazione di oggi e le indagini, che si sono estese nel periodo compreso tra il 2005 e il 2010, rappresenterebbero però “soltanto l’inizio” di un terremoto che potrebbe presto allargarsi a macchia di leopardo. Cinque armadi della Procura strapieni di faldoni che fanno tremare la città ai piedi dell’Etna sono infatti al vaglio degli inquirenti e nelle prossime settimane potrebbero esserci ulteriori risvolti legati all’inchiesta. Nonostante siano state dribblate le domande sul possibile coinvolgimento di politici, sotto la lente d’ingrandimento ci sarebbero, come ha spiegato il procuratore aggiunto della Procura di Catania Giuseppe Gennaro “Mogli e cugine di personaggi eccellenti”.

Stando alla ricostruzione della guardia di finanza, sarebbero state documentate spese fittizie e, tramite società di comodo, sarebbero stati gonfiati i costi delle forniture. Alcuni servizi, come la pulizia, la manutenzione dei locali e l’assistenza informatica, non sarebbero mai stati svolti. In altri casi, invece, sarebbe stato aggirato il meccanismo della trattativa privata: gli enti di formazione, tenuti a chiedere tre preventivi per affidare i servizi all’offerta più conveniente, avrebbero messo agli atti preventivi falsi, intestati a società reali che però non sapevano di aver partecipato alla gara, con offerte spropositate. Nel mega affare sarebbero finiti anche numerosi disoccupati dei quartieri degradati di Catania, assoldati per partecipare a dei corsi fantasma. Nell’inchiesta è coinvolto anche un funzionario della Regione, attualmente in servizio all’Ispettorato provinciale del lavoro. In cambio di un “sì” ai rendiconti avrebbe ottenuto incarichi per i propri parenti.

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