“La problematica Colacem oggi riguarda i disagi di ordine sociale ed occupazionali emersi nell’azienda produttrice di cemento nel sito ubicato nella zona industriale Modica-Pozzallo”. E’ quanto segnalano Cgil, Cisl e Uil in una nota inviata ai deputati regionali della Provincia di Ragusa ed al presidente dell’amministrazione provinciale, Franco Antoci. Il Gruppo Colacem è presente a Ragusa dal maggio 2000, avendo allora acquistato la proprietà InSiCem (50% Azasi – 50% Eni), per u importo di 258 miliardi di vecchie Lire. Nel corso degli anni l’azienda ha effettuato investimenti pari ad oltre 60 milioni di Euro, prevalentemente nello stabilimento di Contrada Tabuna a Ragusa. Nel sito di Modica-Pozzallo erano previsti investimenti, di cui il gruppo aveva chiesto relative autorizzazione agli uffici preposti degli Assessorati Regionali e agli Enti Locali, per circa 150 milioni di Euro, di cui 50 milioni tramite Accordo di Programma e oltre 100 milioni a carico e già disponibili dell’azienda. Il mancato rilascio delle autorizzazioni, da parte del Comune di Modica e della Sovrintendenza di Ragusa, malgrado più proroghe concesse dal Ministero competente in attesa delle stesse, ha determinato nel 2007 il venir meno della ristrutturazione (nei fatti un nuovo impianto) dello stabilimento di Modica-Pozzallo. “L’attuale crisi finanziaria – dicono le organizzazioni sindacali – che ha nei fatti mutato i mercati internazionali, ha determinato un forte calo di commesse con conseguenti riflessi anche sulla produzione del cemento in terra iblea. Il tutto in un contesto di produzione effettuato a Ragusa, nei due stabilimenti, dove oltre i 2/3 di produzione viene esportata all’estero e comunque fuori dal mercato interno regionale. Per tali considerazioni con l’azienda sono state concordate alcune azioni, prima ottimizzando le spese di gestione e razionalizzando lo straordinario, successivamente utilizzando lo strumento delle ferie forzate e per finire, appena qualche giorno fa, l’attivazione della Cassa Integrazione Ordinaria (13 settimane) per le maestranze di Modica-Pozzallo”. Da aggiungere che tale provvedimento ha interessato non solo i lavoratori del diretto, circa 70, ma anche l’indotto, anello più debole, con oltre 75 unità tra cooperative di pulizia, manutenzione e aziende di trasporto. “E’ evidente – dicono ancora – che tale scelta si manifesta solo su Pozzallo, in quanto condizioni di mercato internazionale, una globalizzazione sempre più priva di regole sociali e di mercato, in quanto il mancato investimenti di due anni fa comporta spese di produzione e di gestione, di gran lunga superiore allo stabilimento di Ragusa. Oltre a fattori di mercato internazionale, oltre che interno, considerati gli scarni investimenti strutturali per opere pubbliche nel paese e nel meridione in particolare, si è di fronte ad un fenomeno che riteniamo pericoloso non solo per Pozzallo, ma anche per Ragusa e per gli altri cementieri dell’Isola. Il nascere in provincia di Siracusa di un punto di macinazione, con acquisto di semilavorati dall’estero (turchia) che malgrado il costo di acquisto, del trasporto in entrata, della trasformazione e del costo di trasporto in uscita, viene immesso sul mercato a prezzi stracciati, con grave pregiudizio per il mantenimento delle cementerie a Ragusa e nell’isola. Si è davanti quindi a problematiche di mercato internazionale, su cui l’azienda si è già attivata per fronteggiarle, ma diventa ulteriormente se non più grave le azioni che si stanno mettendo in campo sul versante siracusano, in quanto altera un equilibrio economico e sociale oramai consolidato, con gravi ripercussioni sotto l’aspetto socio economico territoriale”.
Nella foto Giovanni Avola della Cisl