Il deputato nazionale dell’Udc, Giuseppe Drago, traccia le linee guida del partito

I futuri scenari politici e la ulteriore semplificazione del quadro politico generale successiva alle elezioni europee; il ruolo di opposizione costruttiva dell’Udc che, superato il ciclone delle politiche 2008, è una presenza ormai ineludibile del panorama politico italiano; la necessità di un chiarimento dei rapporti tra le forze che sostengono il governo lombardo. Sono alcuni dei momenti salienti dell’intervento dell’on. Peppe Drago, sabato sera, al termine dell’assemblea cittadina dell’Udc. Drago ha affrontato i temi della politica economica del governo Berlusconi, sbilanciata a tutelare il sistema produttivo del centro nord a discapito del ceto medio, dei lavoratori subordinati e del meridione nel complesso, i temi della immigrazione e della sicurezza nelle città, anche e soprattutto nei centri urbani minori, impreparati per carenze strutturali delle forze dell’ordine a fronteggiare le crescenti ondate di microcriminalità conseguenti al mancato controllo dei flussi di clandestini nei territori di frontiera, tra cui soprattutto la Sicilia. Di fronte a queste e altre questioni che interessano, direttamente o indirettamente, il nostro territorio e le nostre comunità, la attuale classe politica meridionale è impreparata e incapace di assumere posizioni unitarie, frammentata e rinchiusa nella difesa del particolare, di posizioni di potere e privilegio, inesistente sul piano della contrattazione e competizione con altri gruppi dirigenti che rappresentano, trasversalmente ed efficacemente, realtà territoriali diverse, sostiene Drago. A proposito di Modica, il deputato nazionale dell’Udc ha fatto una lucidissima e dettagliata analisi sullo stato di salute della città, le cause e le prospettive, spiegando che il progressivo impoverimento degli enti locali, penalizzati dal continuo ridimensionamento dei trasferimenti statali, è fenomeno che ha interessato tutte le realtà dai primi anni novanta in poi. I Comuni quindi, in questi anni, si sono visti costretti a mantenere un numero crescente di servizi e funzioni per i quali non ricevevano sufficienti risorse da Stato e Regione. A Modica il fenomeno ha interessato già le amministrazioni degli anni novanta che hanno lasciato in eredità al centro destra una situazione finanziaria drammatica di cui però l’Udc non ha mai accusato gli ex sindaci di essere i soli responsabili. Di fronte a questa situazione tutti gli enti locali, infatti, sono stati costretti a ricorrere a un pesante indebitamento, e gli esempi riguardano non soltanto tutti i comuni della nostra provincia (Comiso, Pozzallo, Scicli, Vittoria, tutti governati dal centro sinistra negli ultimi dieci anni) ma anche le grandi città di cui tutti abbiamo letto in questi mesi nei giornali le drammatiche condizioni (Catania e Roma su tutti). La differenza tra Modica e altre realtà riguarda la reazione a questo stato di cose, che nel caso della nostra città è stata ispirata al modello di Roosevelt e De Gasperi, cioè sfruttare il debito pubblico per creare un incremento del Pil, ossia sviluppo del territorio, investimenti pubblici e privati, incremento dell’occupazione e mantenimento di elevati standard quantitativi e qualitativi dei servizi locali. Modica infatti ha vissuto negli anni della amministrazione a guida Udc un periodo di grande sviluppo, attraverso i numerosi insediamenti produttivi creati con lo sportello unico, la nascita e il rafforzamento dell’economia turistica, resa possibile dagli investimenti per la promozione della città nel mondo, la creazione di nuova occupazione, attraverso anche la stabilizzazione di un gran numero di lavoratori precari e, in definitiva, la possibilità per le famiglie, di far fronte ai consumi e alimentare il circolo virtuoso della produzione e del consumo, cioè di far reggere l’economia della città, aumentandone il prodotto interno lordo molto più di altre realtà che hanno registrato invece un impoverimento della popolazione, cosa che a modica non è avvenuta, seppure con il sacrificio di un indebitamento del comune che però sarebbe stato comunque inevitabile. Questa è l’unica verità storica, che un ritrovato clima di serenità politica e sociale, non più avvelenato da falsità strumentali utilizzate solo per la conquista di posizioni di potere, dovrà inevitabilmente ristabilire, quando i fatti dimostreranno che, ad oggi, non esistono possibili alternative valide e quanti (l’Mpa) si presentano come salvatori di una città che non ha bisogno di essere salvata, ma solo governata con capacità e coraggio, si riveleranno per quello che sono: un grande e drammatico bluff a danno di Modica e dei modicani. Con questi presupposti le prospettive della amministrazione Buscema non possono essere che due: o il drastico ridimensionamento dei servizi ai cittadini (dall’Università ai servizi sociali, e così via), con conseguente impoverimento della città (questa volta intesa non come ente ma come tessuto sociale), e drammatico fallimento della sua esperienza amministrativa, o ripresa di un dialogo, per l’individuazione di percorsi virtuosi che consentano di rimettere in moto l’economia della città e di recuperare risorse per l’ente, anche attraverso gli strumenti che lo stesso Udc aveva già individuato a cavallo tra le due amministrazioni Torchi, (ad esempio messa a reddito degli immobili comunali in luogo della loro alienazione che, peraltro, alle condizioni date da questa amministrazione non è né proficua né possibile, come dimostrano le prime due gare andate deserte per la alienazione di uno dei cespiti del patrimonio comunale) e che sono stati abbandonati da questa amministrazione, che non ha provveduto però a sostituirli con altri strumenti validi e di reale efficacia sul medio e lungo termine. Tutti aspettano da mesi, infatti, una proposta dell’amministrazione per un piano di risanamento finanziario che, nei fatti, non esiste, e che viene sostituito dai proclami su emendamenti e leggi fantasma da parte dell’Assemblea Regionale, di milioni di euro promessi dalla Regione che si rivelano soltanto anticipazioni di somme dovute che, quindi, non risolvono il problema ma lo differiscono soltanto, e altre bufale a fronte di un evidente immobilismo che non potrà durare a lungo né avere esiti men che drammatici per la città. L’Udc comunque non vuole restare seduto lungo il fiume ad aspettare il cadavere di questa amministrazione passare, consapevole che questo comporterebbe anni di sofferenze per l’intera città, che l’Udc ama e serve da sempre con dedizione e sacrificio, non esente da errori ma in assoluta, totale e incontestabile buona fede. Poco prima, il capogruppo Udc in consiglio Paolo Nigro, aveva evidenziato il ruolo propositivo della opposizione dell’Udc in consiglio comunale, ove il gruppo non manca mai di proporre soluzioni valide alle questioni sulle quali interroga e critica l’amministrazione; le divergenze che emergono tra le due anime che compongono la maggioranza in merito a questioni fondamentali, vedi piani costruttivi e prg, gestione dei servizi sociali etc; la scarsa produttività del consiglio nel complesso, ingessato dal sostanziale immobilismo della amministrazione e dalla incapacità della maggioranza di assumere posizioni politiche forti e unitarie sui grandi temi della vita della città. L’intervento di Enzo Cavallo, assessore provinciale allo sviluppo economico, aveva sottolineato la necessità, per la città, che l’Udc continui la propria opera di elaborazione politica sui temi dello sviluppo locale, per compensare il vuoto di progettualità che il territorio sconta in questo momento; Cavallo ha ricordato inoltre che le grandi conquiste del territorio sono in larga parte ascrivibili all’opera del gruppo dirigente Udc e di Peppe Drago, il cui impegno, con rinnovato vigore e con l’apporto dei nuovi gruppi dirigenti che emergeranno dalle prossime stagioni congressuali, costituisce ancora oggi la più grande risorsa per l’intera provincia.

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