SCICLI, OMICIDIO RIZZOTTO. L’ACCUSA CHIESTE DUE ERGASTOLI E DUE CONDANNE A 30 ANNI

Ergastolo per Giuseppe Ruggeri e Luca TImperanza, trent’anni di carcere per i fratelli Carmelo e Concetto Valentino Nigro. Sono le richieste del pubblico ministero, Fabio Scavone al termine della requisitoria di ieri davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Catania nel processo riguardante l’omicidio dello sciclitano Daniele Rizzotto, avvenuto il 19 settembre del 1999. Oltre alla pubblica accusa ieri hanno concluso anche gli avvocati di parte civile, Bartolo Iacono, Luigi Piccione, Carmelo Passanisi e Fabio Lucifora. Gli imputati sono tutti sciclitani, addirittura Timperanza, difeso dall’avvocato Pino Pitrolo, nei giorni scorsi è stato raggiunto da un nuovo ordine di carcerazione nelle carceri di Trapani dove è detenuto perché coinvolto nell’operazione antidroga Mixer. Oggi toccherà ai difensori, Pitrolo, per l’appunto, Terranova, Rizza e La Grua, dopodiché sarà fissata l’udienza per le repliche e per le sentenze. In precedenza c’era stata una sentenza, cosiddetta "civilistica" di condanna emessa sempre dalla Corte d’Assise d’Appello di Catania che aveva suscitato clamore e nello stesso tempo aveva consentito una sorta di "riparazione" nei confronti dei genitori del giovane, visto che in primo grado la Corte d’Assise di Siracusa, aveva assolto "per non avere commesso i fatti" i quattro imputati per l’omicidio e per l’incendio di una segheria di Donnalucata anche se li aveva condannati per il reato di associazione per delinquere a pene variabili tra i sette e gli otto anni. Proprio i familiari di Rizzotto avevano avuto riconosciuto un risarcimento danni attraverso il versamento di una provvisionale di 50 mila euro che in primo grado non avevano ottenuto. Stesso discorso per Ottavio Sgarlata, titolare di un’avviatissima segheria di Contrada Pezza Filippa, a Donnalucata, data alle fiamme il 24 agosto del 1999, assistito dall’avvocato Lucifora, al quale era stata riconosciuta una provvisionale di ventimila euro. Alla luce di ciò, la Corte li aveva, dunque, ritenuti colpevoli dei due gravi fatti anche se non si è espressa sulla natura penale per la quale era stato demandato tutto alla Cassazione alla quale si era rivolto il pubblico ministero, Fabio Scalone, e che ha riaperto il procedimento. I quattro imputati furono arrestasti insieme con altrettante persone nel corso dell’operazione antimafia denominata "Fire Fox", condotta in territorio di Scicli con l’accusa era di associazione per delinquere di stampo mafioso, tentata estorsione, danneggiamento, incendio doloso ed omicidio, a seguito dell’uccisione del giovane.

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