MODICA. MORI’ IN UN INCIDENTE STRADALE. LA FAMIGLIA: “NO ALL’ARCHIVIAZIONE”

E’ un ripetersi di richieste di archiviazione del caso e la conseguente opposizione dei familiari della vittima. La reiterata richiesta del pubblico ministero di chiudere la vicenda per infondatezza della notizia criminis e che riguarda la morte del cinquantenne Giorgio Cannata, avvenuta la sera del 15 luglio del 2003 sulla SS. 194 Modica-Marina di Modica, la cosiddetta "Ragusana", ha indotto l’avvocato Emanuele Guerrieri, che patrocina i familiari, ad opporsi indicando l’oggetto dell’investigazione suppletiva e chiedendo la prosecuzione delle indagini, per cui il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale, Michele Palazzolo, ha deciso di fissare l’udienza in camera di consiglio per "rivedere" la situazione al prossimo dieci aprile. In precedenza era stato il Gip Salvatore Rizza, a rigettare l’istanza di archiviazione presentata dal pubblico ministero, Domenico Platania. In atto sono due gli indagati, L.P., 40 anni, e S.G., 46 anni, entrambi del bresciano. Secondo l’avvocato Guerrieri, occorre percorrere l’ipotesi originariamente seguita nelle indagini, quella cioè di una tragedia non casuale, tesi confortata dalle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, Giacomo Perticone di Siracusa, che avrebbe accertato un’anomalia nel motociclo del Cannata, un Kimco 250 People. I due indagati sarebbero i rappresentanti dell’azienda produttrice del veicolo che, pare avessero accertato che quel modello di motociclo era difettoso. Giorgio Cannata, che lavorava presso l’Almer a Ragusa dove faceva il tornitore, era al suo primo giorno di rientro dopo le ferie estive. Stava tornando nella sua casa estiva di Marina di Modica dopo avere concluso il suo turno pomeridiano, a bordo del proprio motociclo. Ad un certo punto sarebbe scivolato al suolo e pur indossando regolarmente il casco protettivo avrebbe sbattuto la testa violentemente prima sul selciato, poi, nel prosieguo della corsa, contro il guard-rail e, successivamente, contro la canaletta in cemento armato per lo scolo delle acque. Il casco, in buona sostanza, si spaccò in due.

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