Un altro caso di violenza intrafamiliare risolto dalla sezione reati contro la persona della Squadra Mobile.

Un altro caso di violenza intrafamigliare risolto dalla sezione reati contro la persona della Squadra Mobile. Il fenomeno della violenza intrafamiglia, diffuso più di quanto non si pensi, comincia ad emergere. La famiglia può diventare anche un ambiente ostile e pericoloso per l’integrità fisica e psichica dei soggetti che ne fanno parte. Le pareti domestiche diventano il teatro di frequenti violenze, anche perché talvolta la famiglia si trasforma in un sistema di attribuzioni dei ruoli maschili e femminili in cui prevale da un lato il modello di dominanza e dall’altro quello di sottomissione. La violenza intrafamiliare è, per la maggior parte, un fenomeno maschile, che nasce dalla convinzione di poter dominare i diritti corporei, spirituali, economici e relazionali del partner. Se la donna assume un ruolo passivo e vittimistico, la spirale di violenza può raggiungere livelli aberranti e criminali. Soltanto in questi ultimi anni il fenomeno della violenza intrafamiliare, ed in particolare della violenza contro le donne nell’ambito della famiglia (sia essa moglie, convivente, madre o figlia), si è trasformato da una questione privata ad una problema pubblico. Fino a pochi decenni or sono, sulla base di una impostazione della famiglia vista come oasi di pace e di armonia da cui ogni forma di violenza è bandita, la donna che denunciava veniva vista come una deviante, una diversa che aveva fallito nel compito assegnatole dalle istituzioni e dalla società, ovvero di mantenere, a tutti i costi, l’unità familiare. Le indagini condotte dalla sezione reati contro la persona della Squadra Mobile hanno accertato che l’azione violenta del coniuge D.S., ragusano di anni 35, aveva assunto connotazioni persecutorie e di inaudita violenza fisica fino al punto di provocare alla moglie un grave stato di disagio, malessere fisico e psicologico. La persecuzione attuata dal D.S. si è estrinsecata con continue violenze fisiche anche in presenza dei figli. Il tutto teso a creare il vuoto attorno all’ex coniuge, isolandola dal suo contesto sociale e affettivo. Gli elementi probatori forniti dagli investigatori della Squadra Mobile hanno consentito al P.M., Dr.ssa Nicoletta MARI, di chiedere e ottenere dal G.I.P. di Ragusa, Dr. V. IGNACCOLO, una particolare misura cautelare di tipo interdittiva prevista dall’art. 282/bis c.p.p., che impone al marito persecutore di lasciare la casa famigliare e di non farvi rientro senza autorizzazione del giudice che procede. Il provvedimento è stato notificato ieri all’interessato il quale è stato diffidato dal disattendere tale obbligo, pena l’applicazione di misure restrittive.

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