Assolti per non avere commesso il fatto.

I due imputati sono innocenti. Così ha deciso il giudice monocratico del Tribunale di Modica, Patricia De Marco, a conclusione del processo a carico dei catanesi Santo Ventura e Rosa Manitta, rispettivamente venditore ambulante e titolare di una catena di ristoranti. I due sono stati, infatti, assolti per non avere commesso il fatto. Erano accusati di truffa in concorso. Secondo l’accusa, sostenuta dal pubblico ministero, Diana Iemmolo, Ventura avrebbe telefonato al gestore di un’edicola di Corso Umberto, spacciandosi per il fantomatico “ortopedico Cappello” e chiedendo di poter effettuare due ricariche per altrettanti telefonini. Assente il gestore, rispose il figlio, che, credendo l’interlocutore un amico del padre, acconsentì alla richiesta, accreditando in totale centosessantamila lire. Trattandosi di una truffa, presso l’esercizio non si presentò nessuno per saldare il debito e così l’edicolante decise di denunciare i fatti ai carabinieri. Era l’otto settembre 1999. Dalle indagini esperite dai Militari della locale Compagnia, che si avvalsero dell’ausilio dei gestori telefonici, saltarono fuori i nominativi della Ventura e del Manitta. Il procedimento, già in precedenza, era giunto alle conclusioni. In quell’occasione, dopo oltre un’ora di camera di consiglio, il giudice che celebrava all’epoca il processo, Rosalia Montineri, anziché emettere sentenza, dispose l’audizione di altri due testi. Il pubblico ministero aveva, dunque, avanzato le proprie richieste e cioè condanna ad otto mesi di reclusione e 200 euro di multa per Ventura, sei mesi di reclusione e 60 euro di multa per Manitta. Ventura aveva dichiarato di non aver mai fatto alcuna telefonata, mentre la Manitta aveva a suo tempo dichiarato di non aver fatto caso al nuovo credito della sua sim- card, in quanto il marito era solito ricaricarle il telefonino. Entrambi gli imputati avevano dichiarato di non conoscersi. Saro Cannizzaro

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