CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO A SCICLI: AL VIA I LAVORI DI COMPLETAMENTO DEL RESTAURO

Dopo San Giovanni e Santa Teresa, è la volta di San Michele. La terza chiesa che si affaccia sulla via Mormina Penna si appresta a essere svelata al pubblico dei turisti e dei visitatori che giungono a Scicli a fotografare il sito Unesco. Il Dipartimento della Protezione Civile di Ragusa ha infatti autorizzato la perizia di variante e suppletiva che permetterà il completamento dei lavori di recupero e conservazione della chiesa intitolata a San Michele Arcangelo. La perizia suppletiva, secondo quanto rende noto l’assessore comunale ai lavori pubblici Giuseppe Savarino, è stata autorizzata nell’ambito dell’importo finanziato a suo tempo dalla legge del terremoto di Santa Lucia, ovvero 774 mila euro. Ciò significa che a breve riprenderanno i lavori che consentiranno di completare il restauro. Il Dipartimento della Protezione civile ha messo però dei paletti: “La torre campanaria deve essere mantenuta nella configurazione attuale”. San Michele, come la gran parte delle chiese del Val di Noto, ha una “facciata torre”, ovvero il campanile “annegato” nella facciata, soluzione resasi necessaria dopo il terremoto del 1693, quando tutti i campanili esterni delle chiese crollarono, e diventata cifra estetica distintiva delle opere di Rosario Gagliardi. La proprietà dell’immobile, a differenza di Santa Teresa, che è comunale, è della Curia diocesana di Noto. Le prime tracce storiche circa la costruzione della chiesa risalgono al 1751. Il Vescovo di Siracusa, Francesco Testa, aveva inviato Rosario Gagliardi, “Architector Urbis Neti”, per effettuare un sopralluogo durante i lavori per la costruzione del nuovo edificio sacro, voluto dalle suore agostiniane nel centro cittadino, nella via più bella di Scicli, tra il settecentesco palazzo Spadaro ed il più recente palazzo Bonelli, a poca distanza dalla chiesa di San Giovanni Evangelista e dalla chiesa di Santa Teresa. Gagliardi, nella relazione al Vescovo, scrive che il progetto della chiesa era stato redatto dall’ingegnere Michelangelo Alessi, che nel frattempo era morto. Il Gagliardi consigliò di proseguire i lavori del secondo ordine della facciata attenendosi al disegno di Alessi, sconsigliando di realizzare la volta reale, e suggerendo di farla con legname, “virgoni” e gesso “per più facilmente resistere alla scossa del terremoto”. La realizzazione del “dispendioso disegno” fu curata in loco dal capomastro Mario Mormina, l’esponente più qualificato dei capimastri locali in quel momento.

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